Con la citata sentenza è stato condannato un giovane toscano che aveva creato un account e-mail utilizzando il nome di una sua amica "al fine di procurarsi un vantaggio e di recare un danno".
La Suprema Corte di Cassazione ha evidenziato che non è irrilevante la circostanza che i messaggi di posta elettronica inviati provenivano da un soggetto diverso da quello che appariva offrirli, se si tiene in considerazione che si trattava anche di persona di sesso diverso. Il giovane ragazzo toscano avrebbe così recato un danno non solo alla ragazza di cui usava l'identità, ma avrebbe ingannato anche gli utenti del web, andando a ledere la fede pubblica (Art. 494 c.p., Capo IV, Titolo VII).